Le infezioni

subdola causa di infertilità (mancati attecchimenti e aborti precoci)

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  1. susymaxi
     
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    Una causa di infertilità spesso misconosciuta o sottovalutata sono le infezioni batteriche genitali.

    Soprattutto quelle sostenute da batteri come la Clamidia e i Micoplasmi (fra cui il più diffuso è l’Ureaplasma).


    Chlamydia trachomatis

    E’ un genere di batteri gram-negativi, che deve necessariamente vivere all’interno di cellule, è pertanto un parassita obbligato. Questa caratteristica, unita alle dimensioni molto piccole, lo ha fatto ritenere per molto tempo un virus. Presenta una scarsa o nulla sensibilità agli antibiotici β-lattamici.
    È molto diffusa in Nord America, ma che anche in Europa sta aumentando di incidenza. È pericolosa perché può rapidamente portare a infertilità e dare una infiammazione pelvica acuta, molto grave.

    La Clamidia può rendere sterili

    Le donne si infettano facilmente con la Clamidia. Le giovani hanno grandissimi problemi perché il loro sistema immunitario non è ancora maturato del tutto. Si può avere un'infezione da Clamidia per molti anni senza nemmeno accorgersene e senza avere alcun sintomo. Esempi di conseguenze di questa infezione sono:

    - sterilità (sia femminile che maschile)
    - infezione del partner
    - infezione del bambino durante il parto
    La Clamidia può provocare infiammazioni delle ovaie e delle tube, quest’ultima curabile solo con la rimozione chirurgica della tuba infetta. Invece non sembra sia associata a aborti spontanei o nascite pretermine, anche se può essere contratta sottoforma di infezione polmonare o agli occhi dal bambino al momento del passaggio nel canale del parto.


    Ureaplasma urealyticum

    E’ una specie di batterio appartenente alla famiglia dei Micoplasmi. Questo tipo di batteri sono, come tutti i micoplasmi, le più piccole cellule capaci di vita autonoma.
    In tutti i mammiferi questo batterio predilige e colonizza le mucose corporee: se ne possono ritrovare piccole colonie a livello della faringe e del retto ma più comunemente è presente in quelle respiratorie e genitali. È soprattutto in quest'ultima zona nella quale può più facilmente svilupparsi e, metabolizzando l'urea, produrre ammoniaca, da cui infatti prende il nome; esso fa normalmente parte del flora genitale sia degli uomini che delle donne e circa il 70% degli esseri umani sessualmente attivi sono portatori asintomatici.

    Nella donna è di comune riscontro nella microflora vaginale, insieme ai caratteristici lattobacilli, che in condizioni normali ne ostacolano l'eccessiva proliferazione. Le donne più colpite dall'infezione sono quelle fertili con età compresa tra i 20 ed i 40 anni (70% delle infezioni totali da mycoplasmi), tuttavia essendo diagnosticato, anche in bambine ed anziane sessualmente inattive, il batterio può essere contratto per via aerea, oltre ad un' eventuale infezione intestinale, che per vicinanza anatomica può intaccare ed espandersi alle vie urinarie.

    Nell'uomo può provocare uretrite e in alcuni casi l'infezione può propagarsi ad organi collegati all'uretra, come la prostata ed i testicoli, causando rispettivamente prostatiti ed epididimiti; se non adeguatamente trattata, può compromettere seriamente la fertilità maschile. Similmente nella donna può essere causa dello sviluppo di vaginosi batterica, malattia infiammatoria pelvica e sindrome uretrale; anche in questo caso, se non adeguatamente trattata, l'infezione può compromettere la fertilità. Nelle donne in stato di gravidanza, l'infezione trasmessa al feto aumenta il rischio di aborti, rottura delle membrane, nascite premature, polmonite e meningite neonatale.

    L’Ureaplasma può rendere sterili.

    E’ stato condotto un esperimento per vedere l’effetto della colonizzazione seminale di alcuni batteri sulla riuscita di fecondazioni in vitro. La conclusione è stata che la presenza di Enterococco nel liquido seminale non interferisce coi tassi di gravidanze ottenute in vitro. Invece l’ Escherichia coli, lo Staffilococco aureo e l’Ureaplasma urealyticum possono avere effetto negativo, pertanto devono essere trattati prima. Ulteriori studi hanno riscontrato che l'infezione degli spermatozoi con Ureaplasma provoca un danno al DNA paterno e conseguente morte dell’embrione


    Come si diagnostica la presenza di queste infezioni

    Per scoprire la presenza di queste infezioni spesso asintomatiche è necessario per la donna eseguire un tampone vaginale (con specifica richiesta di ricerca di Chlamydia e Micoplasmi). L’uomo deve fare una spermiocoltura ed eventualmente una coltura del secreto prostatico.
    Queste analisi sono vivamente consigliate in caso di infertilità sine causa, laddove siano state già escluse motivazioni di carattere ormonale, anatomico o immunitario.
    Il problema è che entrambi questi batteri sono germi intracellulari che il più delle volte non si evidenziano nelle colture (solo il 10-20% delle volte si possono mostrare), ma sono ugualmente presenti e dannosi, riducendo la fertilità (soprattutto maschile) e causando nella donna mancati impianti e aborti precoci.La clamidia nella donna è quasi sempre asintomatica, solo dopo terapie antibiotiche non corrette potrebbe manifestarsi e dare comunque una sintomatologia di poco conto.
    A volte invece una banale cura antibiotica, fatta magari per altre patologie, negativizza le colture, ma la clamydia e/o l’ureaplasma potrebbero essere comunque presenti.

    Anche il riscontro negativo della spermiocoltura non è una garanzia dell’assenza di questi batteri.
    Perciò a volte uno specialista potrebbe essere in grado di diagnosticare queste infezioni per via indiretta.
    Per esempio l'esame del seme (spermiogramma) potrebbe evidenziare piccole alterazioni di poco conto (viscosità aumentata, fluidificazione lenta, presenza di cellule rotonde e leucociti) che lasciano supporre il possibile contatto con il germe. Oppure il raffronto fra due o più spermiogrammi effettuati a distanza di qualche tempo uno dall’altro potrebbe evidenziare una drastica riduzione se non un dimezzamento del numero degli spermatozoi, apparentemente senza motivo.

    A volte l’uomo può soffrire di lievi sintomi, più fastidi che dolori veri e propri, alla prostata, all’uretra, ai testicoli o ai condotti seminali, soprattutto in caso di lunga astinenza, trattenendo troppo l’urina o trattenendosi dall’eiaculare durante i rapporti. Oppure può sentire frequente necessità di urinare durante la notte, erezioni o polluzioni notturne. Nella donna è ancora più difficile riconoscere la presenza subdola di questi batteri in assenza di sintomi. Solo una prolungata e inspiegata infertilità e/o aborti precoci, mancati impianti come gravidanze biochimiche (con fecondazione dell’ovocita e positività al test del betahcg)… possono lasciar supporre che ci sia un’infezione in atto, in assenza di altre spiegazioni plausibili. A volte il tampone evidenzia infezioni non gravi, da batteri come Gardnerella o Enterococco che però recidivano nonostante le cure e possono rappresentare il segnale di una ben più grave infezione da Clamidia o Ureaplasma.

    A questo punto, se lo specialista lo ritiene necessario, si deve seguire una terapia antibiotica di coppia (per evitare successivo ricontagio) con una combinazione di farmaci per un periodo piuttosto lungo (una decina di settimane). Cure più blande, infatti, non possono che portare ad un peggioramento della situazione, in quanto i batteri, non debellati del tutto, finiscono per ricominciare a moltiplicarsi e si rinforzano sempre più diventando resistenti agli antibiotici. Ad oggi non tutti gli specialisti però riconoscono la gravità di queste infezioni o ritengono necessario curarle.
     
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0 replies since 12/7/2013, 11:42   138 views
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